Appena dentro nel mio osservatorio sentii la voce della signora Geltrude che diceva:
- Sei un perfetto imbecille! -
Capii subito che parlava con suo marito; e difatti, accostato l’occhio al forellino fatto nel ritratto del compianto fondatore di questo collegio, ho visto giù nella sala i due coniugi direttori, l’uno di fronte all’altra, la direttrice con le mani sul fianchi, col naso addirittura paonazzo e gli occhi sfavillanti, e il direttore dritto, rigido in tutta la sua lunghezza, nell’attitudine di un generale che si prepari a sostenere un assalto.
- Sei un perfetto imbecille! - ripeteva la signora Geltrude. - E si deve a te, naturalmente, se abbiamo tra i piedi quel pezzente napoletano che finirà col rovinare l’istituto propalando l’affare della minestra...
- Calmati, Geltrude, - rispondeva il signor Stanislao - e cerca di considerare seriamente la cosa. Prima di tutto il Barozzo fu accettato di comune accordo a condizioni eccezionali per riguardo al suo tutore che ci procurò altri tre convittori a retta intera...
- D’accordo? E sfido! Non la finivi più con le tue ragionacce stupide...
- Via, Geltrude, cerca di moderarti e di ascoltarmi. Il Barozzo, vedrai, non abuserà della scoperta fatta con la sua anilina. Tu sai che egli ignorava di esser tenuto qui a patti speciali; e io profittando di questo e toccando la corda sensibile della sua dignità gli ho fatto considerare con un discorso molto efficace, che egli era tenuto qui quasi per compassione e che perciò aveva, lui più degli altri, il dovere di mostrarsi grato e affezionato a noi e al nostro istituto. A questa rivelazione il Barozzo è rimasto talmente turbato che non ha avuto più parola ed è diventato un pulcino. Dopo la mia reprimenda ha balbettato: "Signor Stanislao, mi perdoni... Capisco ora di non avere qui dentro nessun diritto... e può esser sicuro che non avrò mai né una parola né un atto contro il suo collegio... Glielo giuro".
- E tu, imbecille, ti fidi dei suoi giuramenti?
- Certamente. Il Barozzo ha un fondo di carattere serio ed è rimasto molto impressionato dal quadro che gli ho fatto delle sue condizioni di famiglia. Sono assolutamente sicuro che da parte sua non avremo nulla da temere...
- Non capisci nulla. E lo Stoppani? Lo Stoppani che è la causa prima dello scandalo? Lo Stoppani che è proprio quello che ha messo il campo a rumore per la minestra di magro?
- Lo Stoppani è meglio lasciarlo stare. Per lui è un altro paio di maniche; egli è addirittura un bambino e le sue chiacchiere non possono nuocere alla buona fama dell’istituto...
- Come! Non lo vuoi neppur punire?
- Ma no, cara. Il punirlo lo irriterebbe maggiormente. E poi chi ha messo l’anilina nei piatti è il Barozzo: mi ha confessato egli stesso di essere stato lui, lui solo... -
A questo punto la signora Geltrude ebbe un tale accesso di bile che credetti le pigliasse li per lì un accidente.
Alzò le braccia al cielo e si mise a declamare:
- Ah numi! Ah eterni dèi!... E tu fai il direttore di un collegio? Tu così cretino da credere a quel che ti dice un ragazzaccio come il Barozzo, pretendi di stare alla testa di questo istituto? Ma tu sei da rinchiudere in un manicomio!... Tu sei un idiota come non ve ne sono mai stati nel mondo! -
Il Direttore sotto questa valanga di ingiurie reagì, e abbassata la testa al livello della sua violenta consorte la guardò negli occhi esclamando:
- Ora poi basta. -
E a questo punto io vidi, giornalino mio, la cosa più straordinaria, più lontana da ogni previsione e insieme più comica che si possa immaginare.
La signora Geltrude, allungando la destra sul capo del signor Stanislao, come un artiglio, gli afferrò i capelli esclamando:
- Ah! che vorresti fare? -
E mentre ella ringhiava queste parole io vidi con profondo stupore che la chioma corvina del direttore era rimasta nelle grinfie della direttrice la quale agitava la parrucca in aria ripetendo furiosa:
- Ah! Vorresti anche minacciarmi? Tu? Me?... -
E gittata via a un tratto la parrucca afferrò un battipanni di giunco ch’era su un tavolino e si mise a inseguire il signor Stanislao che, avvilito, con la testa completamente nuda cercava goffamente di sfuggire alle minacce coniugali girando attorno alla tavola.
Forse avete letto questo ampio brano tratta da “il Giornalino di Gian Burrasca", di Vamba del 1907. Ne esiste una splendida edizione televisiva, del 1964, con la regia di Lina Wertmuller, con Bice Valori e Sergio Tofano.
Definisco donne maltrattanti coloro che volontariamente e consapevolmente maltrattano in modo evidente, generalmente in modo non fisico (con botte), ma anche fisico (con botte), i loro partner. Non bisogna credere che si tratti casi sporadici, rari, quasi curiosità. Sono, al contrario, molto frequenti.
Il fatto che non appaiano nei giornali e nei dibattiti dipende dal fatto che gli uomini, per profonda vergogna, non denunciano mai, e ripeto mai, questi fatti che gli occorrono.
Bisogna ricordare che nelle società patriarcali, come quella italiana almeno sino a 30 o 40 anni fa, e forse ancora oggi, le donne erano tenute ad una riverenza e formale obbedienza al coniuge in pubblico. Ma, in privato, nelle mura domestiche, le cose erano (anche 100 anni fa) tutt’altre. Credo che chiunque ricordi, nei loro lontani passati, come, in realtà chi comandava in casa era la mamma (era lei che portava i pantaloni). Formalmente il marito era il capofamiglia indiscusso, ma in casa, le cose erano tutt’altre.
Moltissimi uomini sono stati e sono maltrattati in modo vergognoso. E credo che sia giunto il momento che questo fenomeno venga alla luce e che le donne maltrattanti (come gli uomini maltrattanti, che probabilmente sono di più) vengano sottoposte allo stesso tipo di trattamento che oggi si dedica agli uomini maltrattanti. E’, in fondo, un modo per affermare realmente la parità di genere. Le donne non sono tutte angeli e non tutti gli uomini sono tutti dei miserabili violenti interessati solo al sesso.
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