Scrive Democrito: tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso o della necessità. A parte Lucrezio, mi piace notare che è anche il titolo di un bellissimo saggio di Jacques Monod. Io credo appunto in questo. Cosa è il caso? E’ ciò che non deriva necessariamente da una causa. Casualità contro causalità. Naturalmente non voglio sostenere che non esistano cause (e necessariamente effetti). Solo che in una catena di cause (anche multiple e circolari, come più spesso di dice oggi)) ad un certo punto si inserisce un evento casuale. E siccome gli effetti causa-effetto (anche plurimi e complessi) sono necessari, ne deriva che anche un solo evento casuale rende in pratica casuale tutta questa lunga catena di eventi.
Nella vita reale, bisogna dire, è raro che vi sia una sola causa che da luogo necessariamente ad un solo effetto. Un esempio classico sono le malattie. Esse hanno sempre cause multiple (anche quelle infettive) che possono (non devono) dar luogo ad una malattia. In teoria si potrebbero elencare e ponderare ogni elemento che conduce alla malattia ed anche gli elementi che fanno sì che essa non si verifichi (nessuna malattia, anche terribilmente diffusiva) colpisce tutti. Ma anche se le cause sono moltissime (ed è quasi sempre così), non sono mai infinite e teoricamente studiabili. Ma solo teoricamente, dato che sappiamo che, ad un certo punto, interviene il puro caso, sia in senso positivo che negativo. Quindi il famoso detto di Laplace (se conoscessimo ogni dettaglio dell’universo potremo determinarne il futuro ed anche il passato) è senza dubbio falso, anche a livello puramente teorico. Qui entra in gioco la teoria del caos, che, per ignoranza, trascuro.
D’altra parte è veramente difficile trovare una vera alternativa, anche se migliaia di anni di filosofia ci hanno incessantemente provato. Una seconda possibilità potrebbe essere Dio, ipotesi che non prendo neppure in considerazione. Ci sarebbe poi l’ipotesi dell’esistenza dell’anima, oggi generalmente definita mente, che opera su un piano diverso, potremmo dire metafisico. Se io decido di fare il medico, piuttosto che l’imbianchino, sembrerebbe un atto di volontà, generato dal libero arbitrio, che non è dovuto ne’ al caso e neppure dalla necessità. Ma noi sappiamo anche che vi sono ragioni che hanno determinato questa scelta, ragioni molto complesse, altrimenti sarebbe un puro caso. Alcuni di queste ragioni sono note: magari ho visto la serie del Dottor Kildare e ne sono rimasto affascinato. Oppure so che questa scelta è gradita alla mia famiglia. Più spesso spero di essere di aiuto al mio prossimo, dato che ho conosciuto la sofferenza e la malattia (questo è molto comune). Ma potrei anche essere molto interessato ad una ragazza che frequenta medicina o tutti i miei migliori amici hanno fatto questa scelta.
Ma questi sono solo alcuni fatterelli, dato che tantissimi altri sono rimossi o dimenticati o del tutto ignoti.
A questo punto faccio un bilancio dei pro e dei contro? No, non avviene così, a un certo punto mi trovo iscritto a medicina e dopo molti anni, mi trovo a fare il medico. Se avessi diligentemente elencato i pro e i contro (in pratica un problem solving classico) allora la mia scelta sarebbe necessaria, matematica. Ma, in ogni caso, chi ha determinato tutti quei numerosi fatti? Sono di famiglia benestante ed abito in una città universitaria dalla nascita. Se fossi il figlio di un servo della gleba di 900 anni fa, questo problema non mi si porrebbe. E la bella ragazza come mai l’ho incontrata? Vivo in una famiglia che stima molto i medici, ma potrebbe anche non essere così. Potrei anche essere un pessimo studente che detesta la scuola. E se in famiglia occorre che qualcuno lavori per poter portare avanti la baracca? Oggi è raro, ma fino ad una cinquantina di anni fa era comunissimo. In definitiva io faccio il medico per caso ed anche per necessità (non posso permettermi di vivere di rendita). Ovviamente si potrebbe rispondere risalendo indietro, in una specie di regressio ad infinutum. Io sono nato ricco perché mio padre ha ben impiegato il suo denaro, che l’ha ricevuto, almeno in parte, da suo padre. Ad un certo punto nell’albero genealogico qualcuno si è arricchito. E perché? Mettiamo di non saperlo (sono trascorse 3 generazioni). Vorrebbe dire che ho fatto il medico perché un mio antenato sconosciuto, per motivi sconosciuti (a me), ha creato le possibilità perché questo evento si materializzasse.
Immagino 1.000 obiezioni a questa tesi eppure io ci credo fermamente. Se è così, mettiamolo pure per un attimo, non ho alcun merito e non ha alcun demerito l’imbianchino (che comunque oggi guadagna più di me).
Se tutto è frutto del caso e della necessità, inizialmente ci si sente offesi. Tutti i miei sforzi ed impegno (io che sono l’importante primario) sono frutto del caso? Esattamente. Tuttavia ci sono anche delle consolazioni: il tuo essere alcoolista è un puro caso, di cui non hai nessuna colpa.
Tutto nasce dal dover trovare un senso, uno scopo, una direzione nella vita (oggi si parla di make sensing, ma è una cosa diversa). E’ scritto nel nostro cervello (o nel nostro corpo e nel nostro ambiente). Eppure sarebbe molto più semplice dire la cosa più banale: non c’è semplicemente alcun senso, alcuno scopo, alcuna direzione nella vita, tranne quelli che ti inventi o cui vuoi assolutamente credere tu.
E così il grande problema del male, della cattiveria e dell’ingiustizia. Perché? Non c’è nessun perché. Una vecchia di 98 anni demente camperà ancora e la giovane mamma di 30 morirà. Per il semplice caso. Ma perché proprio a me è capitato un figlio disabile? Per caso, poteva capitare ad un altro, hai scelto il numero sfortunato alla lotteria.
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